Ti trovi a Palermo. E mentre gironzoli per le vie, dove ti giri giri, senti una voce imperiosa che ti chiama, come un ordine, ma proferito con tale dolcezza da rimanerne sedotti.
E allora, in preda a questa suadente malia, non puoi fare a meno di entrare in una pasticceria e mangiarne uno subito e ordinarne un intero pacco da portare a casa.
È la voce del cannolo maestoso, imperioso, ripieno di ricotta; la celebrazione più potente del dolce simbolo di Palermo e di tutta la Sicilia: sua Maestà il cannolo!
I cannoli, questi originali “tubi” (che anticamente venivano arrotolati attorno a delle canne di fiume) invece che vuoti e privi di senso, come ogni citazione sui tubi merita, sono ripieni della migliore ricotta che abbia mai assaggiato e vi assicuro che farebbero impazzire chiunque.
La cialda, fatta di un impasto di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto, ha il colore delle nocciole biscottate; il fritto nè fiappo ne ammollato, è straordinariamente croccante e ha un saporino delicato lontano anni luce dalla pesantezza di un fritto ingombrante.
Questo è un fritto che più lo mangi e più ti conquista, classificandosi nella mia famosa lista del “fritto con criterio”.
La poesia la raggiunge nell’incontro col suo ripieno: una ricotta di pecora morbidissima che più la mangi e più il palato ti saliva per l’acquolina in bocca, che non ne vuole proprio sapere di arrestarsi.
La ricotta profuma di pecorella che pascola nei prati, è zuccherata con una dose perfetta di zucchero (io non so quale sia) ma so solo che il mio palato la sente “centrata”.
A decorare un angolo del tubo ripieno di ricotta, c’è un bel candito lungo, una scorzetta di arancia che sembra nata apposta per incrociare la ricotta e vivere in comune accordo con la cialda croccante.
Che sensazione di totale appagamento, di pienezza, e aggiungo anche di magnificenza.
Ingredienti pieni, rotondi, ricchi di gusto e di cremosità..
Se il cannolo fosse una musica, la suonerei sulle note di una ballata in voga alla corte dei Normanni: la cialda imperiosa scrocchia di croccantezza, la ricotta si affida a note morbide e avvolgenti per compiacerla; il candito, come un vezzoso paggetto, soccorre quella ricotta che nel morso fosse mai sul punto di cedere; i protagonisti danzano per definire un concerto di gusto sapientemente orchestrato.
La sua origine risale agli arabi, pare nell’harem dell’antica Caltanissetta, dove le concubine lo crearono come omaggio vagamente fallico ai propri uomini.
Non intendo scandalizzare nessuno, presa come sono dall’esaltazione di questo cannolo eccellente; ma fatto sta che fra tanti pasticcerie che ho incontrato a Palermo, questo bel cannolo della pasticceria Costa ha fatto battere il mio cuore, inducendomi a dedicargli questa recensione.
Il cannolo è fra i dolci più goduriosi che abbia mai assaggiato!
E’ stato amore a prima vista, non ho potuto resistergli e ho dovuto sbafarne uno subito. Una specie di pasto, viste le dimensioni non proprio esigue di Sua Maestà. Ma queste eccellenze non possono non emigrare! E un bel vassoio di cannoli me lo sono portato pure a casa.
A distanza di qualche giorno (giorni lieti in compagnia di queste golosità) ho notato che la cialda si era ammorbidita, ma non era ancora fiappa, stanca o appesantita dall’età: manteneva ancora la sua fierezza, la sua freschezza.
E la ricotta? Come andava d’accordo con quella cialde, anche a distanza di tre giorni! Incredibile, ma non compariva in lei nessun ingiallimento o segno del tempo; ancora emozioni cremose da regalare a ogni morso.
Un’esperienza divina, un cannolo che rappresenta tutto il bello e il buono di Palermo; mangiandolo, rivive la raffinatezza arabo normanna delle sue più belle chiese, la luminosità del cielo azzurro, i colori di questa città unica fatta di contrasti e meraviglie.
Può un solo cannolo celebrare l’eccellenza della tradizione pasticciera e farti vivere una specie di sindrome di Stendhal?
Si, può farlo! E pensare che c’è chi dice che i dolci fanno male...