Avete mai provato un gelato intelligente? Si, avete letto bene: “intelligente”!
E’ il gelato che non è propriamente l’oggetto del desiderio, il frutto del capriccio di un momento o quello che ti serve giusto per avere in mano qualcosa mentre passeggi.
Io questa evoluta forma gelatosa l’ho trovata nella mia nativa Salerno, alla gelateria Giallo Limone, made by Serena Moscato.
Una gelateria allegra e colorata, piena di fotografie e poster che ben si intonano ai limoni in vetrina e al rosa delle scritte sulla lavagna.
E’ un gelato artigianale che non impasta la lingua, leggero al palato, con una nota di acqua che accarezza la bocca e non ti ingombra lo stomaco con la sua opprimente pannosità, tipica dei gelati estivi che fioriscono in ogni dove; tanto d’estate si vende di tutto. purché sia gelato...
Dopo quasi 5 ore di viaggio (e per fortuna con un treno diretto) da Bologna, meritavo una consolazione a tante ore da seduta, in cui notoriamente scalpito peggio di un puledro. E vi risparmio la ragione del viaggio, che è meglio! Insomma, altro che gelato, avrei avuto bisogno di tuffarmi dentro una torta piena di bignè. Potevo infilare la mia lente di ingrandimento dentro un ottimo babà o affondarla fra le pieghe di una croccante sfogliatella. Invece, essendo estate, ho scelto un cono, composto e privo di eccentricità, ai gusti mandorla e pistacchio, per accompagnarmi a sgranchire le zampe sul lungomare.
Con quel cono non farete invidia né gola ai passanti. Ma se il vostro obiettivo, per una volta, non è essere al centro dell’attenzione bensì stimolare sensi e giudizi di merito, allora il gelato di Giallo Limone fa per voi.
Zuccheri? Pochi, così da non coprire il sapore delle materie prime.
Grassi idrogenati? Non pervenuti.
Aromi e coloranti? Assenti.
Antichi contenitori infilati nel banco per tenere il gelato sotto la linea del freddo? Presenti.
Ma in questa lista meritevole, domina la qualità degli ingredienti con nomi che passano dal regionale all’esotico, quasi a comporre una bella filastrocca, di quelle carine che puoi recitare se non riesci a dormire, al posto della noiosa conta delle pecore:
“Pistacchio feudo di San Biagio, Mandorla della Val di Noto, Cioccolato Sur del lago del Venezuela, Sambirano del Madagascar, Morogoro dalla Tanzania..”
Mancherebbe un “Prega per noi” ma non voglio essere blasfema.
Insomma, la qualità c’è, il gusto pure... e allora dov’è la magagna?
Semplicemente: un'emozione sbiadita. Come quel vestito che hai sognato per giorni, poi l'hai provato e non ti ha fatto sentire la regina della festa, la più bella tra le invitate. C'è qualcosa di peggio? Per me no.
"La frutta deve lasciare la sua traccia".Scolpite nei vostri taccuini di maniaci sessuali del dolce la frase diun’ illustre mangiatrice di gelato: mia sorella Ornella. E ha ragione da vendere! La parte pistacchio del mio cono aveva un ottimo sapore di pistacchio, perfino eccellente... ma la lingua cercava quel che non riusciva a trovare, cioè i pezzettini di pistacchio. La mandorla invece ha dichiarato la sua identità con ampie tracce di frutta.
Sono pretestuosa? Un po' sì, me ne rendo conto. Se la qualità c'è tutta, che cosa diavolo gli mancava a quel gelato?
Ci sto ancora pensando, a 700 chilometri di distanza.
Di certo, se qualcosa gli manca, non è certo la sua perfetta digeribilità.
Excellent, avrebbe esclamato un perfetto inglese.
Se, come diceva mio nonno, lo stomaco è il nostro secondo cervello, questo “gelatiello” è davvero intelligente e talvolta, si sa, bellezza e cervello non vanno di pari passo.
Ma questo è un altro paio di maniche...