Un dolce che ha in dono un nome che mi riporta alla memoria Ofelia, uno dei personaggi shakespeariani più amati (e che ho avuto anche la fortuna di interpretare) desta già nei miei sensi una golosa curiosità: devo assaggiarlo!
L’ofella, da non confondere con l’offella e nemmeno con Ofelia, è un’assoluta specialità che vi sfido a trovare altrove, che all’apparenza è un biscottone di pasta frolla, ma che ti riserva non una ma addirittura due sorprese, che mai avresti immaginato alla vista.
La trovo adagiata in una bella vetrina della pasticceria Sant’Isaia, un bar pasticceria che da oltre 30 anni se ne sta nella storica via Sant’Isaia a Bologna, noncurante delle sperimentazioni più ardite della pasticceria contemporanea nè tantomeno del restyling del locale, ma non di meno, notevole per la qualità dei dolci preparati dalla brava pasticciera Valentina.
Amata dagli aficionados bolognesi che a tutte le ore non mancano di deliziarsi con le sue creazioni, il must della colazione qui al bar pasticceria Sant'Isaia è proprio l’ofella!
La prendo in mano, l’addento e al primo boccone gusto la pasta frolla, non troppo burrosa nè zuccherata ma delicata e avvolgente.
Quando il dente bramoso affonda nella pasta e passa dalla superficie alla fine dell’impasto, si accorge che non sta più mangiando solo la pasta frolla, perchè alla base ci sono una consistenza e un sapore totalmente diversi.
La pasta frolla in superficie ha ceduto il passo alla pasta sfoglia alla base, che racchiude un grosso cuore di crema pasticciera.
Un incontro raffinato di mondi diversi, equilibrati e armonici.
A testimoniare quel felice connubio, una sugosa amarena dalle sfumature vivaci e dalle gradevoli note acide, è stata posta nel cuore della crema pasticciera, e impreziosisce tutti i sapori, esaltandone l’unicità.
L’ofella, all’apparenza così inoffensiva, quasi solo un passatempo per addolcire il grigio novembre, si è rivelata una felice scoperta: chiudo gli occhi e di nuovo mi sovviene l’incontro con quella crema morbida e la sua amarena.
È passata una settimana da quando l’ho mangiata, ma continuo a pensare all’ofella insistentemente: non starò forse impazzendo come la sventurata Ofelia?
Potrei sempre sfruttare questa dolce pazzia per riscrivere in toni sweet Amleto, il capolavoro shakespeariano, ma penso che quel mostro sacro di Shakespeare si rivolterebbe nella tomba.
Meglio continuare a sognarla prima di decidermi a tornare ancora da Valentina e ingrassare allegramente a suon di ofelle!