La rassegnazione non appartiene a chi cerca il meglio ed è disposto a tentare mille vie, a sudare sette camicie, a percorrere strade impervie e mangiare anche polvere per ottenerlo!
Non potevo tollerare di bollare come Re di Roma un maritozzo così deludente come quello assaggiato in precedenza alla Pasticceria Roscioni di Roma. E allora, complice l’attesa in stazione Termini, sono andata comodamente al Mercato Centrale, davvero un tempio della gastronomia e oltretutto posizionato in un luogo strategico, l’ideale per chi deve far passare un po’ di tempo nell’attesa di un treno. Non ho dovuto fare chilometri e questo, in una giornata di giugno con 35 grandi all’ombra, è certamente un vantaggio aggiuntivo. D’altronde l’estate romana non risparmia nessuno, e si sa che per reintegrare i liquidi persi, una bella scorta energetica è quello che ci vuole.
E all’interno di Mercato Centrale trovo il mio pusher ideale di dolcezze. O meglio, di eccellenze dolci e salate, perché stiamo parlando di sua maestà Gabriele Bonci, il re della pizza e dei pani, un nome e una garanzia. Oltre alle pizze e alle focacce, Bonci dispone di una vetrina fatta apposta per golosi tra brioches, paste di vario tipo e infine lui… il maritozzo!
Domanda retorica: a chi piace la panna?
A me si! A voi?
Se vi piace, impazzirete per questo maritozzo di Bonci, gonfio e strapieno di panna fresca, morbidissima, cremosa, che non ti si appiccica né cola perché ha una consistenza perfetta.
Il buon zucchero a velo ricopre tutto il maritozzo e tutta la sua bella panna al centro. La isola e la ricompatta, donandogli leggerezza e candore.
Bisognerebbe sempre cospargere i dolci di zucchero a velo, perché quel velo ha in sè il vero segreto della poesia, quel puro candore che, se sparso su bocca e guance, ci fa tornare immediatamente bambini golosi, lontani da ogni bassezza e per sempre inclini al gioco.
La pasta del maritozzo è quella bella brioche lievitatissima, alveolata, leggera e ben cotta.
L’aroma delicato del lievito di birra (lo so che non è un aroma, eppure per un palato esperto è un sapore inconfondibile) gli conferisce quel gusto antico, di lievitazione da forno di paese che mi fa impazzire.
Se chiudo gli occhi, vedo un fornaio che cura quelle brioche come creature, le accarezza e sussurra loro parole d’amore. “Crescete mie creature, gonfiate i polmoni di aria calda e diventare leggere e delicate, per portare buoni pensieri a chi vi mangerà.”
Il maritozzo sta crescendo anche nella mia pancia però... o meglio, sta occupando lo spazio della fame da un bel po’. D’altronde la panna non è acqua.
Una pecca? Se vogliamo essere puntigliosi: la brioche è morbida ma non morbidissima.
Insomma, credo che varrà la pena tornare a Roma per tentare la sfida estrema. Un maritozzo lussuoso e straripante di panna eccellente già lo abbiamo, ma se riuscissimo a coniugarlo a una brioche morbida come la guancia di un neonato?
“Roma non fa la stupida”, dimmi che esiste da qualche parte quel maritozzo e io lo troverò!